Villa Del Principe - Palazzo Di Andrea Doria

3 Il Salone del Naufragio


Il Salone del Naufragio

Secondo il Vasari, Perino del Vaga iniziò la decorazione della Villa del Principe partendo dalla volta del Salone del Naufragio raffigurando il tema di Nettuno che placa la tempesta dopo il naufragio di Enea. Per realizzare l’opera, l’artista impiegò la tecnica della pittura a olio su muro: si tratta di un procedimento che permette di ottenere colori vivi ed effetti di luce brillanti, ma che porta ad un rapido deterioramento della superficie pittorica. La volta del Salone del Naufragio risultava infatti già oscurata nel Seicento e del tutto perduta nel Settecento. Nell’Ottocento, il pittore e scenografo perugino Annibale Angelini ridipinse la volta con un motivo architettonico. Il monumentale camino del salone, in marmo e pietra nera di promontorio, ritrae nel tondo centrale l’episodio di Venere e Amore nella fucina di Vulcano per ottenere le armi di Enea mentre ai lati della grande aquila araldica Doria due satiri suonano il flauto di Pan. Le pareti del salone sono decorate con sei grandi arazzi che raffigurano le vicende legate alla battaglia di Lepanto.
Dopo la conquista di Costantinopoli, avvenuta nel 1453, l’Impero Ottomano aveva progressivamente esteso il proprio dominio nel Mediterraneo fino ad attaccare in forze l’isola di Cipro, possedimento veneziano, che capitolò definitivamente nell’agosto del 1571. Nel maggio dello stesso anno, Papa Pio V costituì la Sacra Lega, riunendo le potenze rivali di Genova e Venezia, la Spagna di Filippo II e numerose potenze minori. La Sacra Lega dichiarò guerra ai turchi e il 7 ottobre del 1571 li affrontò nell’epica battaglia di Lepanto. La flotta cristiana trionfò su quella turca. Il ciclo di arazzi fu commissionato da Giovanni Andrea I, nipote e successore di Andrea e destinato come lui a diventare Generale delle galee della flotta spagnola. I disegni preparatori per le scene centrali di battaglia furono realizzati da Lazzaro Calvi, mentre quelli delle figure allegoriche e delle cornici furono eseguiti da Luca Cambiaso. I cartoni preparatori, che potete ancora ammirare nella Sala della Carità Romana, furono poi inviati a Bruxelles, dove gli arazzi furono tessuti e consegnati al Doria nel 1591. Le scene di battaglia sono racchiuse all’interno di finte cornici architettoniche, costituite da un basamento con un’iscrizione affiancata da allegorie e da colonne su cui poggiano figure femminili che simboleggiano le virtù indispensabili per ottenere la vittoria e la fama. Tutti gli arazzi sono dominati, al centro della porzione superiore, dall’aquila araldica dei Doria. La sequenza degli episodi rappresentati procede in senso orario e inizia sulla parete opposta al camino con La partenza da Messina della flotta cristiana; seguono la Navigazione lungo le coste calabre, lo Schieramento delle flotte, La battaglia, La vittoria cristiana e la fuga delle sette galee turche superstiti, infine Il ritorno a Corfù. La serie comprende anche due “tramezzi”, elementi  lunghi e stretti che si ponevano tra le finestre, con le raffigurazioni allegoriche di Venezia e Roma.

La partenza da Messina della flotta cristiana

La flotta cristiana, dopo notevoli problemi di concentramento, partì infine da Messina nella tarda estate del 1571 sotto il comando di don Giovanni d’Austria, figlio naturale dell’imperatore Carlo V. Tra le numerose insegne cristiane descritte nell’arazzo, in basso a sinistra si scorge la Capitana nova di Giovanni Andrea I Doria,riconoscibile in tutte le illustrazioni e contraddistinta dalla presenza a poppa del fanale a forma di globo celeste regalatogli dalla moglie Zenobia. La raffigurazione della scena principale è affiancata a sinistra dall’allegoria della Concordia, identificata dagli attributi iconografici del caduceo e della lira, a destra da Nemesi, caratterizzata dalla presenza di un metro e del freno portole dal fanciullo.

Navigazione lungo le coste calabre

Il secondo arazzo illustra l’avanzamento della flotta della Sacra Lega alla ricerca dello scontro con le navi turche in direzione dell’Oriente. In particolare viene colto il momento in cui le navi costeggiarono la Calabria dirette al caposaldo veneziano di Corfù, isola al largo dell’Epiro. Da lì compirono l’ultimo balzo, in una stagione insolitamente avanzata per la guerra sul mare, verso la strozzatura di Lepanto nei pressi delle isole Curzolari, anticamente conosciute come Echinadi,  dove affrontarono l’armata turca. Le allegorie scelte per accompagnare l’episodio sono a sinistra la Vigilanza, che riunisce gli attributi del gallo, della testa leonina e della gru, sul lato opposto la Fortuna che assicura il dominio sul mare, una figura in veste azzurra con il tridente di Nettuno e la chioma agitata dal vento.

Lo schieramento delle flotte

La mattina della battaglia le due flotte rivali assunsero schieramenti opposti: i turchi, a destra, adottarono una formazione continua nel tentativo di aggirare il nemico; i cristiani, a sinistra, si divisero in quattro corni. Al centro si schierarono le galee comandate da don Giovanni d’Austria, a sinistra i veneziani di Agostino Barbarigo, a destra le navi di Giovanni Andrea I Doria; infine in seconda fila le galee della retroguardia al comando di Alvaro Bazan. Tra le due flotte si scorgono i profili delle galeazze veneziane, navi dotate di una ragguardevole potenza di fuoco, decisive per le sorti della battaglia. La Speranza e la Prudenza affiancano la descrizione dell’inizio dello scontro: la prima caratterizzata da un giglio e da una mano che stringe l’anguilla avvolta in foglie di fico (nel piedistallo sottostante); la seconda contraddistinta da tre teste di animali (lupo, leone e cane) e una civetta.

La battaglia

Lo scontro fu estremamente sanguinoso e si combatté valorosamente da entrambe le parti. La maggiore potenza di fuoco della flotta cristiana portò alla vittoria sul fronte turco. Gli autori del disegno preparatorio colsero efficacemente la confusione e la violenza dello scontro, le cui sorti furono a lungo in bilico. L’arazzo esibisce ai lati le allegorie della Fortuna,in equilibrio su una sfera, e della Fortezza: si riconoscono gli emblemi dell’una, la cornucopia, il timone; e dell’altra, uno scheletro, una corona e un ramo di quercia.

La vittoria cristiana e la fuga delle sette galee turche superstiti

Favorite dal sopraggiungere della notte, sette galee turche al comando dell’ammiraglio corsaro Uluç Alì riuscirono a sfuggire alla cattura o all’affondamento. Nell’arazzo si scorge la nave di Giovanni Andrea I Doria protesa nel vano inseguimento del nemico. Grande polemica suscitò la sua decisione di interrompere lo schieramento “lunato” per tentare di aggirare i turchi. Il panno reca personificazioni legate al trionfo sui nemici rappresentati in catene.

Il ritorno a Corfù

Nell’ultimo arazzo della serie viene descritto il ritorno della flotta vittoriosa a Corfù, il cui profilo si staglia sullo sfondo. Le galee cristiane trainarono circa centotrenta imbarcazioni turche prese prigioniere tramite cavi da poppa. In primo piano è raffigurata la Capitana nova di Giovanni Andrea con una preziosa preda di guerra: la nave ammiraglia turca. Nelle collezioni Doria è stata recentemente individuato un vessillo con emblemi ottomani che potrebbe provenire dal bottino riportato in Italia dall’ammiraglio. Infine il corredo iconografico rappresenta a sinistra la Gloria, caratterizzata dal cigno sul piedistallo,e a destra la Fama, con gli attributi della tromba, del fulmine, della lancia e le ali tempestate di occhi, orecchie e lingue.